Addio Carlo, maratoneta del cinema
La prematura scomparsa di Carlo Vanzina ha colpito dolorosamente tutti noi di Presente Italiano. Nel programma della quarta edizione del festival che si aprirà a Pistoia il prossimo 11 ottobre, infatti, era stato da tempo inserito un omaggio ai due fratelli, Carlo ed Enrico, che raccogliendo il testimone da papà Steno, hanno realizzato oltre 60 film per il cinema, più qualche tv movie e miniserie per il piccolo schermo.
Senza coltivare soverchie ambizioni autoriali, i Vanzina hanno interpretato e aggiornato, con onestà e coerenza, un genere glorioso come la commedia all’italiana, nella convinzione che far ridere non sia una pratica censurabile. Se poi – come nei loro esperimenti meglio riusciti – si riesce a far ridere dei difetti del costume italiano, tanto meglio.
La premiata ditta Vanzina – Carlo alla regia, Enrico alla scrittura, coadiuvato dal fratello – ha portato molti doni al cinema italiano. Cominciando dalla valorizzazione di Diego Abatantuono, mattatore di “Eccezzziunale... veramente” (1982), per proseguire con l’invenzione della coppia Boldi – De Sica, la rianimazione del film balneare (“Sapore di mare”, 1983, con la scoperta della giovanissima Isabella Ferrari), l’aggiornamento del film del genere “vacanze in montagna” con il non mai abbastanza lodato “Vacanze di Natale” del 1983.
Non sarebbe corretto criticare i Vanzina brothers per aver inaugurato un filone – quello dei ‘cinepanettoni’ – ben presto degenerato nella farsa scurrile. Le storie raccontate da Carlo ed Enrico non sono mai volgari, e se paragoniamo le avventure a Cortina di Jerry Calà, Christian De Sica e Claudio Amendola, ai pastrocchi di certi epigoni, Carlo Vanzina ci appare come un gigante.
Del resto i due giovanotti hanno respirato cultura fin da ragazzi e frequentato ottime scuole. Nella casa di Steno, ai Parioli, c’era agiatezza e abbondavano i libri. Enrico ha raccontato, nel volume autobiografico “Una famiglia italiana” (Mondadori, 2010) che papà Steno, quando voleva parlare con la moglie senza farsi capire dai domestici, usava il francese o l’inglese.
È stato naturale, per i due rampolli, lanciarsi nel cinema. Dopo un faticoso ma proficuo apprendistato con Mario Monicelli, Carlo ha esordito, giovanissimo, nella regia nel 1976 con “Luna di miele in tre”, dirigendo Renato Pozzetto, Cochi Ponzoni e Stefania Casini. Per oltre 40 anni la coppia è andata avanti, prolifica, con molti successi, qualche flop e anche alcuni guizzi d’orgoglio. Con un occhio alle manie degli italiani (il calcio, la “Milano da bere”, le vacanze e i corsi di lingue straniere all’estero), ai meccanismi della comicità televisiva e ai miti giovanili.
Dicevamo delle prove d’orgoglio. Vogliamo ricordare i thriller “Mystère” (1983) e “Sotto il vestito niente” (del 1985, unico titolo a non avere la firma di Enrico e Carlo alla sceneggiatura); il film in costume “La partita” del 1988; il drammatico “Tre colonne in cronaca” (David di Donatello e Ciak d’oro nel 1990 al protagonista Sergio Castellitto), la pregevole saga familiare “Il pranzo della domenica” del 2003.
Carlo, con il fratello Enrico, è stato un maratoneta del cinema. Senza curarsi troppo della critica più accigliata è uscito, come si dice, alla distanza. Ce ne ricorderemo.
Umberto Guidi